Il mio Hatha Yoga
Se nella tradizione orale antica lo Yoga consisteva in una pratica di ascetismo e ritiro, con i primi testi scritti di Hatha Yoga (Haṭhayoga Pradīpīka, Gheraṇḍa Saṃhitā e Śiva Saṃhitā) iniziano a comparire le posizioni che ancora oggi utilizziamo, in un’ottica in cui corpo e sensi trovano un loro ruolo fondamentale nella pratica.
In questo approccio finalizzato ad equilibrare ogni parte di noi si può cogliere come l’Hatha Yoga abbia introdotto una iniziale visione olistica della pratica yogica che diventa esperienza psicofisica non più limitata ad una ricerca da fermi ed in silenzio di conoscenze che oltrepassino corpo e mente. Essa si trasforma, con lo stesso intento, in un invito alla scoperta e all’utilizzo di ogni nostra risorsa.
Tradizionalmente la funzione dell’Hatha Yoga è quella di accompagnare verso una conoscenza ed un equilibrio sempre più intimi dell’energia cosmica presente nell’uomo (Ha=Sole e Tham=Luna).
Se ci riflettiamo, al fine di trovare stabilità e presenza sono infatti nati i primi Āsana. Dopo aver armonizzato il corpo sono però emerse le difficoltà relative alla costante attività del pensiero. Per ottenere un ampio spazio di ascolto ed una mente complice sono state introdotte le pratiche relative alla respirazione e si è data più importanza al movimento. Se infatti ci addentriamo nel respiro e ne prendiamo sempre maggiore coscienza, ci accorgiamo che anche la mente lo segue e ad esso si armonizza. Inoltre, quando stiamo nel corpo e nel movimento, con naturalezza invitiamo anche il pensiero a rimanere focalizzato nel momento.
A questo punto è poi emerso che se allunghiamo il mantenimento di una certa posizione permettiamo al complesso dei benefici descritti di avere un raggio di azione più ampio e di poter raggiungere la nostra interiorità profonda. Quando infine facilitiamo tutto questo con un delicato ritiro dei sensi, allora potremo affidarci ai piani sottili della pratica, fino a trascendere il corpo muovendoci verso l’esperienza della concentrazione e della meditazione. In questo modo l’energia universale riequilibrata al nostro interno può condurci alla vera unione con il tutto, alla connessione totale in cui lo yoga trova il risveglio spirituale e la piena consapevolezza di chi siamo all’interno del Cosmo.


Alla luce di questi presupposti la pratica che offro si evolve costantemente alla ricerca di flussi energetici universali ed interiori da ascoltare e assecondare. Il mio punto di partenza è il corpo inteso come elemento imprescindibile da accogliere in uno stato di apertura e fiducia.
Il corpo è ciò che abbiamo di più prezioso e immediato per coltivare una relazione con la nostra dimensione interiore e l’Hatha Yoga si nutre dell’osservazione delle percezioni sensoriali che derivano dal suo ascolto.
Quando possiamo abitare il corpo ed entrare in intimità con il nostro respiro, ci sentiamo anche liberi di poterci pienamente ascoltare. Nel mio cammino condiviso propongo Āsana, Ṣaṭkarma, pratiche di Prāṇāyāma, Mantra, Mudrā e Bandha in cui poter armonizzare il nostro essere e poterci ritrovare in una condizione di immobilità e silenzio del tutto familiare e confortevole. Questo è lo stato naturale in cui poterci allineare con la forza intuitiva che ci richiama al non manifesto pur rimanendo partecipi e presenti alla nostra condizione umana di impermanenza.
RESPIRO
Il respiro è il veicolo della nostra energia.
Un’onda che nasce da lontano, emerge in superficie come linfa vitale e si ramifica in un senso spontaneo di presenza e padronanza.

Quando ci sentiamo spontanei e liberi possiamo abitare la nostra energia e per sostenere la spontaneità abbiamo bisogno del respiro.
È il respiro che ci rende consapevoli di chi siamo e partendo da qui possiamo scegliere cosa dire, come agire.
YOGA come LASCIARE ANDARE
Lasciare significa lasciare che per un po’ le cose seguano il loro corso, che si muovano liberamente senza il nostro intervento, finché la direzione del loro movimento non si mostri spontaneamente. Se rinunciamo a tentare di guidare le cose e quelle muovendosi si allontanano da noi, lasciamole andare. Molliamo la presa. Se le lasciamo andare per la loro strada ci rendiamo liberi per qualcos’altro.
Bert Hellinger
Se ripenso alle mie difficoltà nella pratica degli inizi e a tutte quelle incontrate nell’arco del tempo mi risulta facile concordare con chi sostiene che il lasciar andare sia il più difficile degli asana. Nella vita di tutti i giorni spesso troviamo qualcosa che ci blocca e che si esprime come una tensione fisica, un pensiero ricorrente che richiama tutta la nostra attenzione o come tanto altro che in qualche modo ci distoglie da noi stessi.
Quando mi trovo in queste situazioni mi accorgo di come lo yoga abbia la qualità di orientarmi efficacemente al momento presente e di come la pratica mi permetta di sperimentare con gentilezza tutto ciò che emerge in me e che incontro al di fuori.
Spesso si ritiene che per migliorarsi in qualcosa si debba intervenire con un lavoro più intenso, con un’attività maggiore. Io invece ogni volta mi accorgo di quanta forza ci sia nella non azione e di come si tratti di un solo apparente approccio passivo alle cose. Sento che offrire energia alla non azione, sia fisica che mentale, significa coltivare un intento specifico e cosciente. Partendo infatti dal corpo posso iniziare ad ascoltare, ad accogliere percezioni, sensazioni piacevoli oppure tensioni e da qui imparare a prendermi cura di me in un processo di consapevolezza che inizia sul tappetino e si sviluppa nei vari ambiti dell’esperienza fino a coinvolgere tutta la vita che mi circonda.
Quando inizio a dedicarmi alle tensioni, a sentirne il significato attraverso cura e attenzione, nel rispetto dei miei tempi, le aiuto a sciogliersi.
Così nella vita di ogni giorno ho la possibilità di soffermarmi a comprendere un’emozione o una situazione per arrivare poi a sentire di poterla lasciare andare. Mi permetto di ascoltare e capire ciò che desidero mantenere per distinguerlo da tutto ciò che voglio liberare. Poco a poco realizzo di avere un potere solo parziale sulle cose, imparo ad apprezzare la mia libertà unita a quella degli altri e al contempo nutro la possibilità di fidarmi dell’esperienza che diventa una preziosa guida. Sento nell’abbandonarsi al corpo un’opportunità di conoscersi e nel lasciare andare una potenzialità costruttiva che vivo come un atto di estrema fiducia nella natura nascosta delle cose. Lo propongo come un punto di partenza e ripartenza costante perché ne apprezzo l’energia che vibra di libertà in cui so di poter indugiare ad occuparmi di me in qualsiasi momento. Spesso ne percepisco la fatica perché si tratta di un lavoro profondo che richiede dedizione e costanza. Ma ogni volta è un nuovo pezzetto di me che si rivela e fiorisce.
Credo che lasciar andare significhi diventare audaci, avere il cuore di scoprire la vita che si svela di fronte a noi e il coraggio di accoglierla in una condizione di apertura e gioia.
SILENZIO
Il silenzio è tutto ciò che temiamo, c’è riscatto in una voce.
E. Dickinson
Quando ASCOLTO la mia voce posso esprimermi davvero.
I limiti che spesso ci poniamo in questo sono dettati da un naturale bisogno di sicurezza e per questo sento importante il silenzio.
Posso affidarmi al SILENZIO per accogliere ogni mia parte e comprendere i limiti legati alla paura e non alla possibilità.
Il silenzio è un compagno fedele nella riscoperta della nostra VERA NATURA.
YOGA come NASCITA
Secondo la tradizione yogica il BENESSERE è un ARMONIOSO EQUILIBRIO tra corpo fisico, emozionale, mentale, spirituale e sociale.
I fondamenti della CURA di tutti questi aspetti iniziano prima della NASCITA nelle fasi in cui i genitori avviano e predispongono un sistema familiare e domestico idoneo ad accogliere una creatura che si sviluppa e continua per tutto il ciclo dell’esistenza. E se consideriamo che la nostra famiglia è il primo ambiente che conosciamo e la relazione con i nostri genitori il nostro primo e fondamentale riferimento, diventa naturale avvertire come dal trattamento che riceviamo dipenderà la nostra capacità di prenderci cura di noi stessi e di occuparci degli altri.
Questo è il motivo per cui ho fiducia nell’armonia dei singoli genitori e nelle sue potenzialità volte alla nascita di una famiglia che possa accogliere figli felici e creare un terreno fertile a sostegno di una comunità armonica.
La pratica dello yoga, la meditazione, l’attenzione ad una alimentazione adeguata non sono solo un modo per contribuire positivamente ad accordare l’esperienza fisica ed emotiva di ogni nuova madre, ma sono anche benefiche abitudini familiari. Posture dedicate, consapevolezza del respiro, ascolto e cura di sé, aiutano entrambi i genitori a riappropriarsi dei ritmi salutari della natura e a vivere con maggiore presenza e responsabilità il loro ruolo.
Culturalmente siamo abituati a guardare al nostro corpo come ad un insieme di tante componenti separate. Al contrario la pratica ci insegna ad ascoltarci nel corpo, ad imparare a riconoscere i messaggi che ci manda, a comprendere come stiamo vivendo determinate emozioni e dove queste si manifestano per ritrovarci nell’interezza del nostro sentire. In questa ottica il momento della gravidanza può rivelarsi un’occasione di ascolto e riscoperta di sé, un modo per dedicare la giusta attenzione alla vita che cresce ed anche un’opportunità di creare un ambiente familiare consonante, in quanto unito e riconosciuto in ogni sua parte.
In questa importante esperienza lo yoga si rivela uno strumento efficace per accogliere con naturalezza le emozioni e i cambiamenti nelle varie fasi della gravidanza non solo a sostegno della madre, ma a supporto dell’intero sistema familiare.
Trovare insieme un luogo di ascolto, una condizione di quiete dove celebrare l’incanto della vita in fermento è un modo per coltivare il nostro benessere e quello della nostra famiglia che può trasformarsi o riconfermarsi come entità organica.
Per i genitori si tratta di un tenero viaggio da condividere, di un nuovo dialogo con la vita che prende forma e si evolve in una relazione che coinvolge tutti i membri della famiglia e che diventa sempre più densa fino a confluire in un’unica forza coerente che rende tutti partecipi di una nascita collettiva consapevole e piena di amore.
Nel SILENZIO del SUONO 26/06
Nel SILENZIO del SUONO ascoltiamo la creazione di relazioni di CONOSCENZA e CURA
Incontro di armonizzazione sonora di KalpaYogA in via
Amerigo Vespucci – 6/f, Torino
presso Associazione Nuove Vie
Lo Yoga, quale strumento del SUONO, attiva ogni parte di noi aprendoci a nuove comprensioni, a libere soluzioni e a più sottili stati di CONSAPEVOLEZZA
Vuoi saperne di più?
https://kalpayoga.com/what/soundyoga/
Per maggiori informazioni e prenotazioni:
https://kalpayoga.com/contatti/
YOGA come SUONO
Secondo la tradizione yogica la VIBRAZIONE è la forma di vita più originale e primordiale. Il SUONO è materia e ogni parola detta, ogni frase articolata è un mondo in divenire.
La natura ci ha donato risorse adeguate cui poterci affidare per occuparci del nostro benessere. Come il respiro ci aiuta ad entrare in contatto con il nostro sentire e a prenderci cura di noi, così anche il suono è uno strumento innato di CONOSCENZA e CURA.
Se attraverso il suono e la parola ho la facoltà di creare, mi viene naturale interrogarmi su quanta CONSAPEVOLEZZA ci sia in ciò che esce dalle mie labbra.
Spesso mi sono accorta di avere una coscienza minima o solo parziale di ciò che sto esprimendo e questo è il motivo per cui, alla ricerca di possibili strade per comprendere meglio il mio mondo interiore, ho trovato nello yoga un aiuto concreto e nella pratica del suono una naturale via di contatto e conoscenza.
Lo yoga facilita l’ascolto della nostra VOCE interiore e ci conduce a lasciarla emergere. Attraverso la pratica del suono ci possiamo riconnettere con la libertà di ESSERE chi siamo fino a ricongiungerci al suono comprensivo dell’Universo dove confluire e riconoscersi tutti insieme, ognuno nella unicità della propria esistenza.
Sento infatti che quando la comunicazione diventa più consapevole esprime maggiormente la mia verità, favorisce un miglioramento del mio stato psicofisico e al contempo può incoraggiare una maggior consapevolezza in chi mi circonda.
Se mi apro ad una visione più ampia delle cose, in una prospettiva di insieme in cui ogni essere come singola entità possa ritrovarsi parte di un unico sentire, mi accorgo di come il suono della presenza di ognuno riesca a coinvolgere tutti in una fertile rete creativa che nasce dalla riscoperta di sé, per diventare strumento di comprensione reciproca ed anche un modo di occuparsi degli altri.
Possiamo rendere terapeutico il nostro suono se permettiamo che esso nasca come NUTRIMENTO. Se il suono è materia, per poter nutrire deve essere una forza che parte dal sentire più profondo, dalle vibrazioni del cuore del mondo.
Quando un suono coincide con il nostro vero essere, quando diventa manifestazione di qualcosa che abbiamo nel cuore, può creare una prospettiva limpida di ASCOLTO e AZIONE.
Questa corrispondenza pura tra sentire e agire può favorire il cambiamento e accompagnarci a comprendere come prenderci cura di noi, di chi ci sta accanto e del mondo che ci costruiamo attorno.
Perché il mio blog?
Amo molto la ricchezza dell’insegnamento inteso come scambio continuo. All’interno della mia esperienza sento importante comprendere la natura unica di tutti i soggetti che vi partecipano affinché insegnante e praticanti possano creare insieme ogni nuovo momento del percorso condiviso.