La voce del Cuore

Essere genitori, educatori, è un compito spesso faticoso che richiede un impegno fisico ma soprattutto una costante presenza a livello emotivo e mentale. 

Come definire ciò che è giusto per noi e per i nostri bambini?

Credo che nessuno abbia la verità in tasca, ma sento che alcuni punti meritano una riflessione. Ad esempio spesso mi soffermo a ricordare che l’educazione è un processo naturale del bambino che avviene attraverso la sua esperienza in un ambiente in cui si può esprimere. E sento che, in questo, l’ascolto diventa un momento fondamentale. Il bambino necessita di essere accolto nei suoi bisogni ma comprende il linguaggio dell’esperienza più di quello delle parole, per cui se abbiamo l’impressione di non essere ascoltati, proviamo ad ascoltarlo. 

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Alzare la voce per farsi ascoltare è una tentazione che tutti conosciamo e spesso ci cadiamo senza accorgerci che gridare non solo non educa, ma chiude ogni comunicazione e lentamente inibisce una relazione sana e costruttiva. Senza dimenticare che un bambino interpreta le grida come un’espressione di odio e se a lui ci rivolgiamo in questo modo, in fondo si sentirà respinto, non amato. 

L’atto di gridare ha uno scopo ben preciso nella nostra specie come in tutte le altre. Gridare significa pericolo, rischio. Il nostro sistema di allarme si attiva producendo cortisolo, l’ormone della paura, che ci induce fisicamente e biologicamente a fuggire o a lottare. Se comunemente utilizziamo le urla come strategia educativa possiamo immaginare quanto, a livello emotivo, possa essere dannosa una condizione di continuo stress e allarme.

Di certo è impegnativo imparare a comunicare con un bambino ma, se lo facciamo, eviteremo di rendere sordo il suo sentire.

Guidare e sostenere con autorevolezza e senza ricorrere alle urla avrà un impatto positivo sullo sviluppo della sua personalità perché ci permette di prenderci cura del suo mondo emotivo, di alimentare la sua autostima e di mostrargli che una comunicazione efficace si basa su ascolto, comprensione e connessione. 

Ogni volta che stiamo per alzare la voce diamoci la possibilità di fare un passo indietro. Prendiamoci qualche respiro per sentire dove siamo, cosa ci sta innescando quella reazione, dove nasce. La sua causa è davvero da ricercare al di fuori di noi? Oppure siamo forse stanchi, mentalmente carichi, emotivamente provati dalle nostre umane battaglie? In questi casi sento che perdere il controllo non significa solo perdersi ma molto di più. Se abbiamo un bimbo di fronte vuol dire perdere una preziosa opportunità di comprendere cosa gli sta accadendo, cosa sente. Perché c’è sempre un motivo dietro un comportamento o una situazione e comprenderlo può solo facilitare un reciproco e fruttuoso dialogo.         

Per quanto possibile, tra le grandi difficoltà dei nostri tempi che tutti ben conosciamo, impariamo ad ascoltarci per poter offrire la giusta attenzione anche ai nostri bimbi. Regaliamoci in famiglia la condivisione di un tempo di qualità, poniamoci come figure di supporto incondizionato per i nostri piccoli.

Proviamo ad abbassare il volume della voce per ascoltare meglio il nostro cuore.